Scoperto in una vecchia e polverosa cassetta in cantina il diario di Mario Matassoni,
allora giovane ventenne, “sparato” al fronte di una guerra non sua ma che
lo diventa e vissuta per una “patria” raramente esaltata.
Si tratta di una testimonianza giovanile di chi vuole solo tornare, possibilmente vivo.
Mario non ne aveva mai parlato ai suoi famigliari. Si potrebbe pensare per non
ricordare, per dimenticare, ma più probabilmente solo per pudore. Il pudore
di un uomo semplice, con una licenza elementare e tanto da fare nella vita.
Ma precursore curioso e interessato: sua la prima Fiat “Topolino” nel borgo delle
Fucine di Sacco, suo il primo Guzzi “Galletto”, la prima TV, la prima parabolica.
Quando ormai vecchio, privato progressivamente della vista e dell’udito, gli oltre
2.000 libri “parlati” ascoltati in cuffia, hanno continuato a dare senso e dignità
al grande uomo che è sempre stato.

Il diario è stato ritrovato in quattro quadernetti scritti con grafia assolutamente
leggibile, fitti fitti, elemosinando ogni singola riga di ogni singolo foglio, con matita,
pennino, e penne di fortuna.
I primi due diari sono riferiti al fronte albanese, il terzo alla vita in Francia
e al ritorno. Il quarto libretto, invece, riporta i discorsi “motivazionali” del regime.
Il testo dei diari è stato lasciato integro, senza fare correzioni ortografiche,
mentre sono state aggiunte delle note a pié di pagina per spiegare alcuni termini
dialettali oppure per precisare i nomi di località descritte.
Le foto sono state recuperate dall’album di famiglia.